Nei giorni scorsi si sono moltiplicate le notizie riguardo a ciò che è successo a Fano ad un ragazzo della nostra stessa età, vittima di un vile atto di coercizione.
I fatti riportati ben rappresentano
lo stato misero in cui il governo e il potere ci ha ridotti in questi mesi: ad
una segregazione che oramai non ha più da tempo il sapore di una “misura medica”,
bensì di Apartheid. Situazione che avrà sicuramente seguito nei mesi a seguire
con l’introduzione di pass vaccinali e green card.
Il ragazzo in questione
ha saputo trovare il coraggio di opporsi alle misure liberticide che si
susseguono da ormai svariati mesi, invocando a sé il diritto alla resistenza.
Noi siamo con lui, perché sappiamo cosa significa (non) andare in ateneo e/o a
scuola con la mascherina, quanto ci si senta stanchi a livello psicofisico e
quanto sembrino, oggi più che mai, necessarie azioni estremi e simboliche.
Non dobbiamo cedere al
ricatto del potere dello stato centrale che, attraverso i suoi sgherri, ci incute
paura e ci impossibilita ad avere una vita normale. Perché non possiamo vivere
“normalmente” come i ragazzi delle generazioni precedenti? Perché proprio noi,
che cosa vi abbiamo fatto? A vedere quello che accade ormai da un anno in
Italia forse vi abbiamo fatto davvero troppo poco. Ma speriamo di avere la
possibilità di redimerci.
Forse dovremmo svegliarci
da questo “sonno dogmatico” in cui siamo caduti e finalmente realizzare che
questo non è mai stato solo un brutto sogno. Non possiamo soltanto chiudere le
palpebre e tornare a febbraio 2020, qualche ora prima dell’inizio del Covid-19,
perché già prima avevano ridotto a brandelli il nostro futuro. Ma ancora non lo
sapevamo, ora è chiaro: non avremo un futuro. È forse irreversibile, come
direbbe il “caro” Mario Draghi, il nostro destino? Non dobbiamo fare altro che
scoprirlo, d’altronde a vent’anni la vita è oltre il ponte.
Questa è la realtà in cui
ci dobbiamo calare; reagire o soccombere. Non c’è mai stata nessuna pace né una
giusta direzione delle cose, avevamo solo bisogno di capirlo. Se non fosse per
quella sensibilità che abbiamo verso le persone e la nostra comunità, quella
che ci sprona a combattere, vi diremmo anche “Grazie per questo anno di stato
di eccezione. Almeno vi siete dimostrati per quello che siete”.
E questo il ragazzo di
Fano l’ha capito. Ti ringraziamo, non demordere. Perché, come ci insegna Benjamin,
ogni attimo è quello giusto per prendere coscienza.
bello l'articolo!
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